Partita iva regime forfettario: spese di apertura, costi fissi e spese detraibili

Aprire una Partita IVA in regime forfettario è una scelta sempre più comune tra liberi professionisti, artigiani e commercianti. Questo regime fiscale semplificato offre diversi vantaggi, come una gestione più snella e un’imposta sostitutiva agevolata, ma è fondamentale conoscere bene i costi fissi della Partita IVA forfettaria e le spese da sostenere sin dall’inizio.

Molti si chiedono quali siano i costi di apertura della Partita IVA forfettaria, se esistono spese fisse obbligatorie, quali documenti servano per aprire una Partita IVA in regime forfettario e se ci sono limiti da rispettare per poter rimanere nel regime agevolato. Inoltre, è importante capire il costo del regime forfettario nel tempo, tra contributi previdenziali, imposte e altre spese da mettere in conto.

In questo articolo analizzeremo nel dettaglio:
I costi di apertura della Partita IVA in regime forfettario, con una panoramica su spese burocratiche e obblighi iniziali.
I costi fissi della Partita IVA forfettaria, ovvero tasse, contributi e altre spese che bisogna affrontare ogni anno.
I limiti della Partita IVA forfettaria, per capire chi può accedere e mantenere questo regime agevolato.
Le spese detraibili e deducibili, per sapere cosa può essere considerato un costo nel regime forfettario.

Se stai valutando di aprire una Partita IVA in regime forfettario o vuoi fare chiarezza su tutti i costi del regime forfettario, continua a leggere: in pochi minuti avrai un quadro chiaro di tutto quello che c’è da sapere

I costi di apertura della Partita IVA in regime forfettario

Anche se il regime forfettario è pensato per semplificare la gestione fiscale, è importante sapere che alcune spese iniziali ci sono e variano in base al tipo di attività che si intende avviare.

Per i liberi professionisti

Se intendi operare come libero professionista (ad esempio, consulente, designer, copywriter), l’apertura della Partita IVA è generalmente gratuita se gestita autonomamente. È sufficiente compilare e inviare il modulo AA9/12 all’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, per evitare errori nella compilazione, molti scelgono di affidarsi a un commercialista, con costi che variano tra 150€ e 500€, a seconda della complessità della pratica e del supporto richiesto.

Adempimenti iniziali:

  • Scelta del codice ATECO: identifica l’attività svolta.

  • Iscrizione alla Gestione Separata INPS: obbligatoria per i professionisti non iscritti a ordini.

  • Attivazione di una PEC (Posta Elettronica Certificata): obbligatoria per le comunicazioni ufficiali.

  • Richiesta di firma digitale: necessaria per la trasmissione telematica delle pratiche.

  • Iscrizione al VIES: se prevedi operazioni intracomunitarie.

Per artigiani e commercianti

Per chi desidera avviare un’attività artigianale o commerciale, la procedura è più articolata e comporta costi aggiuntivi:

Costi burocratici:

  • Diritti di segreteria: 18,00€

  • Imposta di bollo: 17,50€

  • Diritto camerale annuale: varia da 53,00€ a 120,00€, in base all’attività svolta.

  • SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): costo variabile tra 0€ e 200€, a seconda del Comune.

  • PEC e firma digitale: a partire da 35€, in base al servizio scelto.

Adempimenti iniziali:

  • Iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio.

  • Presentazione della SCIA al Comune competente.

  • Iscrizione all’Albo delle Imprese Artigiane: se previsto per l’attività.

  • Iscrizione alla Gestione Artigiani o Commercianti INPS: obbligatoria per il versamento dei contributi previdenziali.

  • Attivazione di una PEC e firma digitale: necessarie per le comunicazioni ufficiali e la trasmissione delle pratiche.

Tempistiche:

Per i liberi professionisti, l’apertura della Partita IVA può avvenire in 24-48 ore. Per artigiani e commercianti, i tempi possono estendersi fino a due settimane, considerando le pratiche aggiuntive da espletare.

I costi fissi della Partita IVA forfettaria: tasse, contributi e altre spese

Il regime forfettario è spesso scelto per la sua semplicità e per i vantaggi fiscali che offre. Tuttavia, è fondamentale conoscere i costi fissi associati a questo regime, che variano in base alla tipologia di attività svolta.

Per i liberi professionisti

Tasse

Nel regime forfettario, l’imposta sostitutiva sostituisce IRPEF, addizionali regionali e comunali, e IRAP. Le aliquote sono:​

  • 5% per i primi cinque anni di attività, se si rispettano determinati requisiti.

  • 15% dal sesto anno in poi.

Questa imposta si applica sul reddito imponibile, calcolato moltiplicando i ricavi per un coefficiente di redditività specifico per ogni codice ATECO.

Contributi previdenziali

Se non sei iscritto a una cassa professionale specifica, devi versare i contributi alla Gestione Separata INPS. Per il 2025, l’aliquota contributiva è del 26,07% del reddito imponibile. Non ci sono contributi minimi: se non incassi, non versi nulla.  ​

Altre spese

  • Marca da bollo: 2€ per ogni fattura superiore a 77,47€.

  • Commercialista o software di gestione: costi variabili, generalmente tra 300€ e 1.000€ all’anno, a seconda del servizio scelto.​

Per artigiani e commercianti

Tasse

Anche per artigiani e commercianti, l’imposta sostitutiva segue le stesse aliquote dei liberi professionisti (5% o 15%), applicate sul reddito imponibile calcolato con il coefficiente di redditività.​

Contributi previdenziali

L’iscrizione alla Gestione Artigiani o Commercianti INPS è obbligatoria. Per il 2025, i contributi fissi annui sono:​

  • 4.460,64€ per artigiani.

  • 4.549,70€ per commercianti.

Questi importi comprendono anche il contributo per la maternità.

Per la quota di reddito eccedente il minimale di 18.555,00€, si applicano le seguenti aliquote:

  • 24% per artigiani.

  • 24,48% per commercianti.

Per i redditi superiori a 55.448,00€, le aliquote aumentano rispettivamente al 25% e 25,48%.

Il massimale di reddito annuo entro il quale sono dovuti i contributi IVS è pari a:

  • 92.413,00€ per i lavoratori con anzianità contributiva antecedente il 1996.

  • 120.607,00€ per gli iscritti dopo il 1° gennaio 1996.

Altre spese

  • Diritto camerale annuale: tra 53€ e 120€, a seconda della Camera di Commercio di competenza.

  • PEC e firma digitale: costi variabili, generalmente a partire da 35€ all’anno.

  • Commercialista o software di gestione: costi variabili, generalmente tra 300€ e 1.000€ all’anno, a seconda del servizio scelto.

I limiti della Partita IVA forfettaria

Il regime forfettario è una scelta vantaggiosa per molti professionisti e piccoli imprenditori, grazie alla sua semplicità e alle agevolazioni fiscali. Tuttavia, per accedervi e mantenerlo, è fondamentale rispettare determinati limiti e requisiti.​

Limiti di ricavi e compensi

Per il 2025, il limite massimo di ricavi o compensi percepiti nell’anno precedente è fissato a 85.000 euro. Se si supera questa soglia, si perde il diritto al regime forfettario a partire dall’anno successivo. Tuttavia, se i ricavi o compensi superano i 100.000 euro, l’uscita dal regime è immediata, con l’obbligo di applicare l’IVA a partire dalle operazioni che determinano il superamento di tale soglia.  ​

Limite per redditi da lavoro dipendente o pensione

Un’altra condizione riguarda i redditi da lavoro dipendente o pensione percepiti nell’anno precedente. Per il 2025, il limite è stato innalzato a 35.000 euro. Se si supera questo importo, non è possibile accedere o mantenere il regime forfettario, a meno che il rapporto di lavoro dipendente sia cessato prima del 31 dicembre dell’anno precedente.  ​

Spese per personale dipendente e collaboratori

Le spese sostenute per personale dipendente o collaboratori non devono superare i 20.000 euro lordi annui. Questo limite include anche i compensi per collaboratori, gli utili di partecipazione e le somme corrisposte per prestazioni di lavoro effettuate dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Altre cause di esclusione

Oltre ai limiti sopra menzionati, esistono altre situazioni che precludono l’accesso o la permanenza nel regime forfettario:

  • Utilizzo di regimi speciali ai fini IVA o di determinazione del reddito.

  • Non residenti in Italia, salvo eccezioni per residenti in UE o SEE con almeno il 75% del reddito prodotto in Italia.

  • Esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari, o che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione che esercitano attività economiche riconducibili a quelle svolte individualmente.

  • Soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati, porzioni di fabbricato, terreni edificabili o mezzi di trasporto nuovi.

  • Soggetti che esercitano attività prevalentemente nei confronti del datore di lavoro con cui sono in corso o sono stati intercorsi rapporti di lavoro nei due anni precedenti, salvo casi specifici come il praticantato.

Rispettare questi limiti ti consente di continuare a usufruire dei vantaggi del regime forfettario, evitando complicazioni, sanzioni e il passaggio a regimi fiscali più onerosi.

Le spese detraibili e deducibili

Il regime forfettario è scelto da molti professionisti e imprenditori per la sua semplicità, sia a livello contabile che fiscale. Tuttavia, uno degli aspetti più importanti da conoscere fin da subito riguarda le spese che si possono o non si possono scaricare.

Cosa si può dedurre: solo i contributi previdenziali

Nel forfettario non si deducono le singole spese sostenute per l’attività, come accade nel regime ordinario. Il reddito imponibile non si calcola infatti sottraendo i costi reali, ma applicando un coefficiente di redditività ai ricavi o compensi percepiti.

L’unica spesa che si può effettivamente dedurre è quella dei contributi previdenziali obbligatori versati all’INPS o a una cassa professionale. Questi importi possono essere sottratti dal reddito forfettario, riducendo così la base imponibile su cui si applica l’imposta sostitutiva, pari al 15% (o al 5% nei primi cinque anni se si rispettano specifici requisiti). È una delle poche eccezioni che consente un abbattimento concreto dell’imposta da pagare.

Cosa non si può dedurre né detrarre

Tutte le altre spese legate all’attività non sono deducibili, perché si presume che siano già incluse nel calcolo forfettario. Ecco alcuni esempi di spese che non si possono scaricare nel regime forfettario:

  • acquisto di beni strumentali (come computer, stampanti, attrezzature);

  • trasferte, vitto e alloggio;

  • costi di pubblicità e rappresentanza;

  • abbonamenti e utenze;

  • materiali di consumo o cancelleria;

  • spese per ristrutturazioni o lavori sull’immobile in cui si svolge l’attività.

Nemmeno se la ristrutturazione è documentata o riguarda un immobile usato esclusivamente per l’attività professionale, è possibile detrarla nel regime forfettario.

Le detrazioni IRPEF: inaccessibili, tranne in casi specifici

Chi adotta il forfettario non può beneficiare delle detrazioni IRPEF, perché non paga l’IRPEF, ma un’imposta sostitutiva. Questo significa che non si possono detrarre:

  • spese mediche;

  • interessi sul mutuo;

  • spese scolastiche o universitarie;

  • assicurazioni;

  • spese per ristrutturazioni o bonus edilizi.

Unica eccezione: se si hanno altri redditi soggetti a IRPEF, come un lavoro dipendente o una pensione, è possibile usufruire delle detrazioni in sede di dichiarazione dei redditi, ma solo su quella parte di reddito.

Conclusione

Il regime forfettario non consente di scaricare le spese aziendali né accedere alle classiche detrazioni fiscali. Tuttavia, semplifica molto la gestione fiscale e, per chi ha pochi costi e un’attività snella, può risultare comunque molto conveniente. Capire cosa si può dedurre – e cosa no – è fondamentale per scegliere il regime più adatto alle proprie esigenze.

 

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